Lunedì ho passato il pomeriggio sul Lago Maggiore. Perché ve lo dico?
Perché questo mi ha dato modo di osservare le enormi camelie dei giardini storici che ci sono lungo il lago. Ed è stato interessante annotare le loro reazioni agli elementi, in piena fioritura, dopo due giorni di pioggia continua.
Beh, è banale ma già a casa, mi sono resa conto che le camelie che hanno un tetto sopra la testa (quella che ho messo sulla balconata davanti alla cucina, in grossi vasconi da vivaio rialzati), sono molto avvantaggiate rispetto alle "colleghe" in terrazzo. E io me le godo molto più a lungo perché i fiori non vengono rovinati da (nell'ordine di quest'anno!) vento, grandine
e pioggia torrenziale, inconvenienti tipici del tempo pazzerello dell'inizio della primavera, proprio quando fioriscono le japonica.
In particolare guardando quelle lacustri
sono le camelie a fiore singolo e piccolo, quelle che se la cavano in scioltezza, specialmente con il fiore appena campanulato. L'acqua scorre subito via dalla corolla, senza stagnare al centro o negli interstizi tra i petali. Proprio questo invece accade per i fiori stradoppi, molto pieni di petali o petaloidi. Lì marcisce tutto: il fiore lentamente diventa marrone e NON CADE, per cui l'effetto sulla pianta è tremendo, e più l'esemplare ne è ricco, e peggio è...
Quelle messe peggio sono le camelie a fiore bianco. Lì non ne ho vista una capace di salvarsi, se non gli esemplari cresciuti ad albero con la chioma espansa: erano integri quei fiori che guardavano in giù e che quindi la pioggia non arrivava a toccare...
Ci vorrebbero i tempietti che fanno i cinesi (o i giapponesi?) sulle peonie...