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Orchidando ho trovato un articolo con una riflessione piuttosto interessante sui CITES, il CITES - Convention on International Trade in Endangered Species of wild flora and fauna - che in soldoni è il certificato che la dogana UE richiede sia ai propri paesi che alle spedizioni dai paesi fuori Europa per beni rari o in via di estinzione che occorre proteggere: per assurdo all'interno di questo elenco sono indicate TUTTE le orchidee, comprese quelle create via meristema (da alcune cellule) nei laboratori, gli ibridi commerciali che trovate all'ikea, le divisioni di piante adulte del vostro vicino di casa...
Insomma PROPRIO TUTTE.
Vi cito qualche passaggio:
"Il commercio internazionale di piante e animali in pericolo è regolato (anche se alcune nazioni non hanno aderito) dalle convenzioni del CITES che ha stilato 3 elenchi in ordine di "pericolo" di specie da proteggere, le Appendici I, II e III, stabilendo regole diverse per ognuno dei tre.
(...) L'Appendice I raccoglie tutte le specie in pericolo di estinzione che hanno o possono avere un valore commerciale.
Tutte le altre orchidee ricadono sotto l'Appendice II (specie che anche se non sono in immediato pericolo di estinzione sono da controllare e salvaguardare).
Quindi TUTTE le orchidee, nessuna esclusa, vengono considerate più o meno, a torto o a ragione, in pericolo reale o potenziale e sono perciò sottoposte a controlli e restrizioni per quanto riguarda il commercio internazionale. (...) Inoltre è specificato chiaramente "a Management Authority of the State of import is satisfied that the specimen is not to be used for primarily commercial purposes" ossia che l'autorità dello stato di importazione, per rilasciare il certificato, deve appurare che la pianta NON sia utilizzata per scopi principalmente commerciali. Questo sia per le piante vive che per ogni parte di esse (semi, ad esempio).
(...) Tuttavia il CITES sembra puntare solo ed esclusivamente ad una limitazione del commercio delle orchidee, soprattutto per quelle più rare, cercando di scoraggiare in ogni modo possibile gli scambi internazionali rendendo sempre più difficili e costosi i permessi. Secondo me (ripeto, secondo me), questo è un indirizzo più dannoso che benefico ed il modo più efficace di limitare le raccolte in natura potrebeb e dovrebbe essere quello di riprodurre in modo massiccio e favorire al massimo gli scambi delle orchidee in pericolo, magari (perché no?) agevolando i vivai che si occupano della riproduzione delle specie più minacciate. La nostra stessa legislazione prevede che chi ha orchidee in "lista uno", NON POSSA scambiarle o donarle senza cadere nei lacci della burocrazia. Possiamo bruciarle, avvelenarle, falciarle ma non possiamo regalarle. Più sono rare e più difficile diventa il poterle propagare e diffondere.
Al punto tale che la propagazione è, di fatto, legalmente proibita.
L'assurdità di tale ragionamente si palesa pensando che un amatore che regala una divisione di una propria pianta, contravviene alla stessa medesima norma che impedisce la vendita di corni di rinoceronte o commercio di Panda.
Esatto. Che voi introduciate in Italia, illegalmente, un panda o una tigre siberiana oppure che regaliate una divisione del vostro comunissimo Paphiopedilum insigne, state commettendo lo stesso, esatto, crimine.
Così, almeno, dicono le leggi.
Proibito per proibito, se tanto il rischio è lo stesso, meglio fare le cose in grande penserà qualcuno. E difatti è proprio così. Si arriva al punto che l'effetto della legge è l'esatto opposto di quanto vorrebbe ottenere. Tanto più che, si sa, la cosa proibita è sempre quella più ambita e gli alti prezzi non scoraggiano i collezionisti, rendendo allo stesso tempo queste piante al di fuori della portata dei semplici hobbisti. Putroppo questo è un gioco perverso, senza uscita. L'offerta crea una domanda e la domanda spinge l'offerta. Perchè dalle piante legali e legittime e quelle illegali e illegittime la differenza è pochissima e spesso è impossibile distinguere le due cose. Si arriva al punto in cui si hanno specie molto rare, riprodotte per seme ma la cui provenienza è (burocraticamente) illegale. Ad esempio una specie riprodotta in vitro ed esportata da un paese d'origine che vieta le esportazioni di quella pianta, quando tuttavia le leggi permetto in assoluto il comemrcio delle 'fiasche' senza alcun tipo di permesso. E' difficile strigare il bandolo della matassa.
Ho come l'impressione che non ci fosse l'ombra di un'orchidofilo alla "Convention on International Trade in Endangered Species of wild flora and fauna"...