...Caos calmo, di Antonello Grimaldi.
Però non sono brava a recensire, e oggi oltretutto ho poco tempo, per cui vi incollo la recensione che ho trovato su Cinema.it (mi semra che esprima molto bene quello che potrei dirvi anch'io...se lo sapessi dire
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Sotto la quiete di
Eleonora Saracino
C’è un magma irrequieto che si agita sotto la superficie del quotidiano: abitudini, gesti ripetuti, rituali di ogni giorno che celano, tra le pieghe di un’apparente banalità, un caotico susseguirsi di sensazioni. E’ il “caos calmo”, appunto, che appartiene alla vita di ognuno di noi; quel movimento che, quando cessa di essere solo impercettibile, diviene tellurico e sposta interi blocchi di esistenze, fino a ricollocare pensieri, aspettative e, persino,sentimenti o emozioni.
Nel suo bellissimo romanzo, Sandro Veronesi, affida al protagonista, Pietro Paladinim “la missione” di spiegarci tutto ciò, con una prosa avvincente in grado di trasformare in suspence il semplice pensiero. Non era facile condensare in 112 minuti un libro di 451 pagine - in gran parte frutto di un monologo interiore - ma Antonello Grimaldi ne ha fatto, cinematograficamente, una lettura intelligente ed emozionalmente efficace.
Ha sfrondato dal testo, inevitabilmente, alcuni personaggi e situazioni ma ne ha lasciata intatta la matrice emotiva, quel senso di sgomento davanti ad un vuoto che non sappiamo spiegarci, quello del dolore, quando questo, invece, dovrebbe farsi necessario. Di fronte alla morte, per esempio. Eppure Pietro, dopo aver perso la moglie, sembra vivere nell’attesa di una sofferenza che tarda ad arrivare e, quasi ad aspettarla, decide di star fermo davanti alla scuola della figlia.
Tuttavia non c’è nulla di statico nella sua scelta poiché, al contrario, mai come in questo momento Pietro percepisce – e capisce – il (non)senso del vivere. Suo malgrado diviene una sorta di eroe quotidiano e la sua panchina un rifugio dove ogni personaggio va a sfogare il suo dolore, senza tabù, né ritegno come se quello scorcio di giardino fosse una zona sgombra da ogni “regola sociale”, in cui rivelare e rivelarsi.
“Io non sto fermo – dice Pietro – mi muovo” e davvero si sposta, giorno dopo giorno, affinando la sua attenzione, dalla superficie al profondo, imparando a scrutare i gesti di ciascuno, apprezzando la ripetitività delle piccole cose, fino a scoprire quanto il vuoto, quello vero, alberghi nell’insospettabile “pienezza” del potere. Caos calmo è un film sul dolore umano, quello più autentico, perché giornaliero, reiterato quasi endemicamente nel puro fatto di vivere, eppure in grado di arrivare al sublime se espresso dalla richiesta di un bambino e da un segreto inaspettatamente confidato.
Nanni Moretti, perfetto per il ruolo, è un protagonista giustamente lontano da ogni empatia con lo spettatore e lascia il dovuto spazio ai personaggi che gli gravitano intorno, i cui caratteri, tracciati con ampie pennellate narrative, riflettono su Pietro i loro bagliori di angoscia o di disperazione. La già celeberrima scena erotica tra Moretti e la Ferrari (al di là dell’uso mediatico che se ne è fatto) non è che un assalto carnale a quel vuoto sul bordo del quale Pietro ed Eleonora tentano di tenersi in equilibrio.
Nessuno scandalo, quindi, semmai un requiem della passione poiché nulla, in questo caos che è sotto di noi, è in grado di spostarsi davvero senza la consapevolezza del moto. Pietro, alla fine, ha imparato a capirlo, peccato che Grimaldi non gli faccia dire, come Veronesi nel libro “La palla che lanciammo giocando nel parco è tornata giù da un pezzo. Dobbiamo smettere di aspettarla”. Ma sarebbe stato un altro finale. Che ciascuno, spettatore e/o lettore, scelga il proprio.